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Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, “foresta minacciata dai grandi interessi economici”. Popoli indigeni “i più colpiti”. La piaga del narcotraffico

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“Oggi la ricchezza della foresta e dei fiumi amazzonici si trova minacciata dai grandi interessi economici che si concentrano in diversi punti del territorio”. È il grido d’allarme contenuto nel documento preparatorio del Sinodo dei vescovi per l’assemblea speciale per la Regione Panamazzonica, diffuso oggi per “ascoltare i popoli indigeni e tutte le comunità che vivono in Amazzonia” e immaginare “il futuro di tutto il pianeta”, partendo da un territorio che è “uno specchio di tutta l’umanità”. “Tali interessi – la denuncia del testo – provocano, fra le altre cose, l’intensificazione della devastazione indiscriminata della foresta, la contaminazione di fiumi, laghi e affluenti per l’uso incontrollato di prodotti agrotossici, spargimento di petrolio, attività mineraria legale e illegale, dispersione dei derivati della produzione di droghe”. Senza contare il narcotraffico, che “mette a repentaglio la sopravvivenza dei popoli che dipendono delle risorse animali e vegetali di questi territori”. Le città dell’Amazzonia, l’analisi del documento, “sono cresciute molto rapidamente, accogliendo molti migranti e profughi costretti a fuggire dalle loro terre e sospinti verso le periferie dei grandi centri urbani che si protendono in direzione della foresta. In maggioranza sono popoli indigeni, popoli delle rive dei fiumi e popoli di origine africana, espulsi dall’industria mineraria legale e illegale e da quella dell’estrazione petrolifera, accerchiati progressivamente dall’espansione delle attività di disboscamento. Costoro sono i più colpiti dai conflitti agrari e socio-ambientali. Anche le città si caratterizzano per le disuguaglianze sociali. La povertà che si è prodotta lungo la storia ha ingenerato rapporti di sottomissione, di violenza politica e istituzionale, aumento del consumo di alcool e di droghe – sia nelle città che nelle comunità rurali – e rappresenta una ferita profonda inferta ai diversi popoli amazzonici”.


Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, popoli indigeni “vittime di un neocolonialismo feroce mascherato da progresso”

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“I popoli originari amazzonici non sono stati mai così minacciati come adesso”. Il documento preparatorio del Sinodo per l’Amazzonia prende a prestito le parole pronunciate dal Papa a Puerto Maldonado, nel suo viaggio in Cile e Perù, per ricordare che “nella sua storia missionaria, l’Amazzonia è stata luogo in cui si è testimoniato concretamente cosa significa stare sulla croce, addirittura essa è stata molte volte luogo di martirio”. “Oggi, purtroppo, esistono ancora tracce residuali del progetto colonizzatore che ha generato rappresentazioni di inferiorità e di demonizzazione delle culture indigene”, il grido d’allarme: “Queste tracce indeboliscono le strutture sociali indigene e rendono possibile il fatto che essi vengano privati delle loro conoscenze intellettuali e dei loro mezzi di espressione”: così gli abitanti diventano “vittime di un neocolonialismo feroce, mascherato da progresso”. Nei nove Paesi che compongono la regione panamazzonica si registra la presenza di circa tre milioni di indigeni, che rappresentano quasi 390 popoli e nazionalità differenti, si ricorda nel testo, in cui si citano anche i “Piav”, o “popoli liberi” – fra i 110 e i 130 Popoli indigeni in isolamento volontario – e la nuova categoria costituita dagli indigeni che vivono nel tessuto urbano, “alcuni dei quali restano riconoscibili mentre altri in quel contesto tendono a dissolversi e per questo sono chiamati invisibili”. “Ognuno di questi popoli rappresenta un’identità culturale particolare, una ricchezza storica specifica e un modo peculiare di guardare la realtà e ciò che li circonda, nonché di rapportarsi con tutto questo a partire da una visione del mondo e da un’appartenenza territoriale specifiche”, il monito del documento, in cui si fa presente che “oltre alle minacce che emergono dall’interno delle loro culture, i popoli indigeni hanno subito forti minacce esterne fin dai primi contatti con i colonizzatori”. “Contro tali minacce i popoli indigeni e le comunità amazzoniche si organizzano, lottando per la difesa della loro esistenza e delle loro culture, dei loro territori e dei loro diritti, e della vita dell’universo e della creazione intera”, l’analisi dello scenario attuale, in cui “i più vulnerabili sono i Piav, che non possiedono strumenti di dialogo e di negoziazione con gli agenti esterni che invadono i loro territori”. Negli ultimi anni, tuttavia, “i popoli indigeni hanno iniziato a scrivere la loro storia e a descrivere in modo più preciso le loro culture, abitudini, tradizioni e saperi. Hanno scritto sugli insegnamenti ricevuti dai loro antenati, genitori e nonni, insegnamenti che rappresentano memorie personali e collettive”. A fronte di questo processo d’integrazione, “sorgono organizzazioni indigene che cercano di approfondire la storia dei loro popoli, per orientarne la lotta per l’autonomia e l’autodeterminazione”. “Nessuna iniziativa può ignorare che il rapporto di appartenenza e di partecipazione che chi abita in Amazzonia stabilisce con il creato fa parte della sua identità e contrasta con una visione mercantilista dei beni della creazione”, si legge nel testo, sulla scorta della Laudato si’: in molti di questi contesti, “la Chiesa cattolica è presente mediante missionari e missionarie impegnati nelle cause dei popoli indigeni e amazzonici”.

Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, “proteggere i popoli indigeni”. Pianeta non è “una grande discarica”. No a “nuovi colonialismi ideologici”

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“Proteggere i popoli indigeni e i loro territori è un’esigenza etica fondamentale e un impegno fondamentale per i diritti umani. Per la Chiesa ciò si trasforma in un imperativo morale coerente con la visione di ecologia integrale di Laudato si’”. Questo l’imperativo al centro del documento preparatorio del Sinodo per l’Amazzonia, che cita a più riprese la visita a Puerto Maldonado, in cui il Papa ha invitato “a modificare il paradigma storico in base al quale gli Stati considerano l’Amazzonia come un deposito di risorse naturali, passando sopra la vita dei popoli originari e non preoccupandosi della distruzione della natura”. “Il rapporto armonioso fra il Dio Creatore, gli esseri umani e la natura si è spezzato a causa degli effetti nocivi del neoestrattivismo e della pressione dei grandi interessi economici che sfruttano il petrolio, il gas, il legno, l’oro, e anche a causa della costruzione di opere infrastrutturali”, la denuncia del testo, in cui si citano “megaprogetti idroelettrici e reti stradali, come le superstrade interoceaniche” e le monocolture industriali. “La cultura imperante del consumo e dello scarto trasforma il pianeta in una grande discarica”, la tesi di fondo: “Il Papa denuncia questo modello di sviluppo come anonimo, asfissiante, senza madre; ossessionato soltanto dal consumo e dagli idoli del denaro e del potere”. No, quindi, a “nuovi colonialismi ideologici mascherati dal mito del progresso, che distruggono le identità culturali proprie”, sì invece alla difesa delle culture e della “saggezza ancestrale” che propone “un rapporto armonioso fra la natura e il Creatore, ed esprime con chiarezza che la difesa della terra non ha altra finalità che non sia la difesa della vita”. La minaccia contro i territori amazzonici, per Papa Francesco, proviene anche “dalla perversione di certe politiche che promuovono la ‘conservazione’ della natura senza tenere conto dell’essere umano”: di qui la necessità di “conciliare il diritto allo sviluppo, compreso quello sociale e culturale, con la tutela delle caratteristiche proprie degli indigeni e dei loro territori”. “La situazione del diritto al territorio dei popoli indigeni in Panamazzonia ruota intorno a una problematica costante, quella della mancata regolarizzazione delle terre e del mancato riconoscimento della loro proprietà ancestrale e collettiva”, l’analisi del documento, in cui si elogia il “buon vivere” dei vecchi saggi dell’Amazzonia, concepito come “un progetto di armonia fra Dio, i popoli e la natura” e si stigmatizza l’attività di “alcune sette che motivate da interessi esterni al territorio, non sempre favoriscono l’ecologia integrale”.

Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, serve “cambiamento di rotta integrale”

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“La Chiesa è chiamata ad accompagnare e a condividere il dolore del popolo amazzonico e a collaborare alla guarigione delle sue ferite”, attraverso “un ascolto attento contemporaneamente al grido dei poveri e a quello della terra”. È l’appello del documento preparatorio al Sinodo per l’Amazzonia, dove – sulla scorta del documento di Aparecida – si ribadisce che “non prendersi cura della casa comune è un’offesa al Creatore, un attentato contro la biodiversità e, in definitiva, contro la vita”. Quello dell’Amazzonia, si legge nel testo, “è un grido di schiavitù e di abbandono, che domanda la libertà e l’attenzione di Dio. È un grido che invoca la presenza di Dio, specialmente quando i popoli amazzonici, per difendere le proprie terre, si scontrano con la criminalizzazione della loro protesta – sia ad opera delle autorità che dell’opinione pubblica –; o quando sono testimoni della distruzione della foresta tropicale, che costituisce il loro habitat millenario; o quando le acque dei loro fiumi si riempiono di elementi che producono morte anziché vita”. “In Amazzonia la nozione di ecologia integrale è una chiave per rispondere alla sfida di tutelare l’immensa ricchezza della sua biodiversità ambientale e culturale”, la proposta del testo a partire dalla Laudato si’: “L’Amazzonia è un polmone del pianeta e uno dei luoghi in cui si trova maggiore biodiversità nel mondo. Riconoscere il territorio amazzonico come bacino, al di là delle frontiere tra i Paesi, aiuta ad avere uno sguardo integrale sulla regione, essenziale per la promozione di uno sviluppo e di una ecologia integrali”. Le “minacce”, invece, provengono da una “visione consumistica dell’essere umano”: per questo occorre “stabilire ponti che possano articolare i saperi ancestrali con le conoscenze contemporanee, particolarmente quelle che riguardano l’utilizzo sostenibile del territorio e uno sviluppo coerente con i sistemi di valori e con le culture dei popoli che abitano questi luoghi, da riconoscere come loro autentici custodi, e in definitiva come loro proprietari”. L’ecologia integrale, in sintesi, “ci invita a una conversione integrale”, a un “cambiamento di rotta integrale” che “non può esaurirsi in una conversione di tipo individuale”: “Un cambiamento profondo del cuore, espresso in comportamenti personali – la proposta del testo – è necessario quanto un cambiamento strutturale, espresso in comportamenti sociali, in leggi e in programmi economici coerenti”.

Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, “un’agenda minima” per “felice sobrietà”. “Comprare è un atto morale, non solo economico”

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“Sviluppo integrale e sostenibile, che include allevamento e agricoltura sostenibili, energia non contaminata, rispetto delle identità e dei diritti dei popoli tradizionali, acqua potabile per tutti”. Sono i contenuti di “un’agenda minima” per la Panamazzonia, presentati nel documento preparatorio del Sinodo, che attinge a piene mani alla Laudato si’ per far presente l’esigenza di “trovare un equilibrio” per cui l’economia sappia “privilegiare la sua vocazione in favore della dignità della vita umana”, in modo da “tutelare l’ambiente e la vita dei più vulnerabili. La “conversione ecologica” auspicata nell’enciclica di Papa Francesco “esige uno stile di vita nuovo” – si legge nel testo – che si traduca nel “praticare la solidarietà globale e superare l’individualismo, dischiudere cammini nuovi di libertà, verità e bellezza”. “La conversione domanda di liberarci dall’ossessione del consumo”, perché “comprare è un atto morale, non solo economico”, il monito del documento a proposito del “nuovo paradigma di trasformazione personale e sociale”. “La gioia e la pace sono possibili quando non siamo ossessionati dal consumo”, come sottolinea il Papa, che “propone un rapporto armonioso con la natura che ci consente di vivere una felice sobrietà, la pace interiore con se stessi in relazione con il bene comune, e una serena armonia che domanda di accontentarsi di quel che è veramente necessario”. “Si tratta di qualcosa che le culture occidentali possono, e forse devono, apprendere dalle culture tradizionali amazzoniche, come pure da altri territori e comunità del pianeta”, la tesi del testo: i popoli dell’Amazzonia “hanno molto da insegnarci”, e i loro insegnamenti “potrebbero indicare la direzione delle priorità per i nuovi cammini della Chiesa in Amazzonia”.

Sinodo Amazzonia: card. Baldisseri, “nuovi cammini” per “rispondere alle situazioni di ingiustizia”

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“Individuare nuovi cammini per far crescere il volto amazzonico della Chiesa e anche per rispondere alle situazioni di ingiustizia della regione”. È uno degli obiettivi del documento preparatorio del Sinodo per l’Amazzonia, che si svolgerà nell’ottobre del 2019 sul tema: “Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. Lo ha detto il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, presentando oggi il testo – diviso in tre parti e dotato di un Questionario finale – in sala stampa vaticana. “La regione panamazzonica – ha ricordato il porporato – comprende più di sette milioni e mezzo di chilometri quadrati, con nove Paesi che condividono questo grande Bioma – Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela, Surinam, Guyana e Guyana francese – e coinvolge sette Conferenze episcopali. La popolazione in questo immenso territorio è di circa 34milioni di abitanti di cui oltre 3 milioni sono indigeni appartenenti a più di 390 etnie. Il bacino ideografico dell’Amazzonia rappresenta per il nostro pianeta una delle maggiori riserve di biodiversità (dal 30 al 50% della flora e della fauna del mondo) e di acqua dolce (20% dell’acqua dolce non congelata di tutto il pianeta). Inoltre, la regione possiede più di un terzo dei boschi primari del pianeta, ed è un importante fornitore di ossigeno per tutta la terra”.

Ambiente: Taranto, dal 20 al 26 agosto una summer school per “comunicare la giustizia ambientale”

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Si svolgerà a Taranto, nella città dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, la summer school di Mani Tese dedicata agli attivisti che si occupano della narrazione di temi legati all’ambiente. “Comunicare la giustizia ambientale” è il titolo e sarà organizzata dal 20 al 26 agosto. L’obiettivo è quello di formare 20 giovani nel campo della comunicazione sociale a comprendere i meccanismi chiave della giustizia ambientale e a trovare forme innovative ed efficaci per raccontarle al grande pubblico. La summer school è rivolta ad attivisti o comunicatori di età compresa tra i 18 e i 35 anni: giornalisti, grafici, illustratori, storytellers, fotoreporter e videomaker che intendono incrementare le proprie competenze nel documentare e raccontare casi di ingiustizia ambientale. I momenti formativi si suddivideranno in sessioni teoriche a cura di professionisti esperti di comunicazione sociale, visite sul campo per conoscere la realtà tarantina come caso studio, sessioni metodologiche e laboratori esperienziali sulle tecniche di comunicazione.

Notizie Sir del giorno: Sinodo Amazzonia, Telefono Azzurro, moschee chiuse in Austria, vulcano Guatemala, Usa-Iran, Premio Cittadino europeo 2018, peregrinatio Giovanni XXIII

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Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, “foresta minacciata dai grandi interessi economici”. Popoli indigeni “i più colpiti”. La piaga del narcotraffico

“Oggi la ricchezza della foresta e dei fiumi amazzonici si trova minacciata dai grandi interessi economici che si concentrano in diversi punti del territorio”. È il grido d’allarme contenuto nel documento preparatorio del Sinodo dei vescovi per l’assemblea speciale per la Regione Panamazzonica, diffuso oggi per “ascoltare i popoli indigeni e tutte le comunità che vivono in Amazzonia” e immaginare “il futuro di tutto il pianeta”, partendo da un territorio che è “uno specchio di tutta l’umanità”. “Tali interessi – la denuncia del testo – provocano, fra le altre cose, l’intensificazione della devastazione indiscriminata della foresta, la contaminazione di fiumi, laghi e affluenti per l’uso incontrollato di prodotti agrotossici, spargimento di petrolio, attività mineraria legale e illegale, dispersione dei derivati della produzione di droghe”. Senza contare il narcotraffico, che “mette a repentaglio la sopravvivenza dei popoli che dipendono delle risorse animali e vegetali di questi territori”. (clicca qui)

Telefono Azzurro: 72mila bambini aiutati in 31 anni, boom di chiamate nel 2017

Sono 72mila i bambini aiutati in 31 anni da Sos Telefono Azzurro, più di 2.400 ogni anno. Sono stati invece 4.300 i casi gestiti solo nel 2017. Lo ha reso noto l’associazione in occasione della presentazione del bilancio dei 31 anni di attività, presentato questa mattina a Roma. È stata ricordata la prima telefonata giunta dalla zona di Palermo, alle 8.05, dell’8 giugno 1987. Una voce maschile raccontava la triste storia del figlio di un vicino, segregato e picchiato in casa. Da allora l’impegno principale di Telefono Azzurro è quello di offrire ascolto a bambini e adolescenti, segnalando il fenomeno della violenza domestica. Sono 30 le linee telefoniche gestite da 40 operatori specializzati e centinaia di volontari. Se nei primi 7 anni monitorati (1989-1994) i casi presi in carico da Telefono Azzurro sono stati 5.243, negli ultimi 7 (2010-2017) sono triplicati, arrivando a 16mila. (clicca qui)

Austria: chiuse sette moschee ed espulsi diversi imam

“Il governo austriaco ha spiegato la chiusura di sette moschee islamiche e l’espulsione di diversi imam per violazioni della legge islamica anche con la protezione dei fedeli dagli abusi della propria religione”. Lo ha scritto l’agenzia austriaca Kathpress riportando la notizia della conferenza stampa con cui oggi, a Vienna, il cancelliere Sebastian Kurz e il vice-cancelliere Heinz-Christian Strache hanno annunciato questi provvedimenti. La chiusura delle moschee implica lo scioglimento della “Comunità culturale araba” a cui fanno riferimento sei moschee. Il motivo sarebbero “alcune dichiarazioni salafite” che violano la richiesta della legge islamica di un “atteggiamento positivo nei confronti dello stato e della società”. In Austria ci sono circa 30 centri culturali di ispirazione islamica, precisa Kathpress. La settima moschea chiusa è quella legata a “Nizam-i Alema” a Vienna, che è “sotto l’influenza dei ‘Lupi grigi’ turchi, ritenuti estremisti e fascisti” e che operava “illegalmente”. È data per imminente anche l’espulsione di molti imam dell’“Unione islamico-turca per la cooperazione culturale e sociale in Austria” (Atib), struttura che secondo il ministro dell’Interno servirebbe per far giungere agli imam finanziamenti esteri illeciti. (clicca qui)

Guatemala: eruzione vulcano. Bollettino Caritas, soccorsi ancora impossibili. 99 morti e “quantità innumerevole di dispersi”

“Novantanove morti (finora accertati, ndr) e una quantità innumerevole di dispersi”. Così la Caritas del Guatemala ha tracciato ieri un provvisorio bilancio dell’eruzione del Volcán de Fuego, con un bollettino emesso a 72 ore dal momento più critico dell’eruzione, che sta comunque proseguendo e impedisce di portare soccorso alla popolazione. Si continua dunque a temere che le proporzioni della tragedia vadano ben al di là degli attuali dati ufficiali dell’organismo governativo Conred (oltre alle 99 vittime, 58 feriti, 197 dispersi, 12.277 evacuati, 3.665 ospitati negli alberghi e in centri d’accoglienza). Continua l’allerta nei dipartimenti di Escuintla, Chimaltenengo e Sacatepéquez. Il bollettino denuncia che “le condizioni climatiche e il materiale vulcanico che ancora cade sul terreno non dono adeguate per preservare l’incolumità dei soccorritori”. Oltre alla lava e alla cenere, infatti, il vulcano sprigiona gas tossici. (clicca qui)

Stati Uniti: 160 organizzazioni cattoliche scrivono al Congresso, “no a ritiro da accordo con Iran sul nucleare”

Oltre 160 organizzazioni cattoliche di tutto il mondo hanno inviato ieri una dichiarazione al Congresso degli Stati Uniti per condannare la decisione del presidente statunitense Trump di porre fine alla partecipazione degli Stati Uniti al Piano d’azione globale congiunto (Jcpoa) negoziato nel 2015 durante l’amministrazione Obama. Il cosiddetto “accordo con l’Iran” è un accordo sul programma nucleare iraniano negoziato dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti), con la Germania, l’Unione europea e l’Iran. “In contraddizione con le ripetute verifiche fornite dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), il consiglio dei suoi segretari di Stato e di difesa e le posizioni degli alleati degli Stati Uniti, il presidente Trump ha annunciato la sua decisione di porre fine alla partecipazione degli Stati Uniti all’accordo con l’Iran e cominciano a re-imporre le sanzioni statunitensi legate al nucleare revocate come parte del Jcpoa”, si legge nella dichiarazione. “Il rifiuto del Jcpoa da parte del presidente degli Stati Uniti è una tragedia di proporzioni monumentali, le più immediate per il popolo iraniano, che subirà le orrende conseguenze delle sanzioni”, affermano. Anche 551 leader cattolici di 23 Paesi e 46 Stati degli Stati Uniti hanno espresso profonda preoccupazione. Tra le organizzazioni anche Pax Christi international. (clicca qui)

Parlamento europeo: don Virginio Colmegna (Casa della Carità) tra i vincitori del Premio Cittadino europeo 2018

(Bruxelles) Don Virginio Colmegna, la Fondazione bresciana Assistenza psicolabili Onlus, Paola Scagnelli e Antonio Silvio Calò: sono i quattro vincitori italiani del Premio Cittadino europeo 2018 annunciati oggi a Bruxelles. Per l’undicesima edizione del premio sono cinquanta gli individui, le associazioni e le organizzazioni dei 28 Stati membri ad aver ricevuto il riconoscimento a livello dell’intera Ue. I vincitori saranno premiati il 9 ottobre 2018 a Bruxelles, mentre la premiazione nazionale dei quattro italiani prescelti avverrà nel mese di settembre. Don Virginio Colmegna, già direttore della Caritas ambrosiana e lombarda, “è attivo sin dagli anni Ottanta come fondatore di comunità di accoglienza nel campo della sofferenza psichica e dei minori. Si è anche contraddistinto per un forte impegno a favore del reinserimento lavorativo dei detenuti, in particolare con progetti nel carcere milanese di Opera”. Dal 2002 è presidente della Casa della carità di Milano. (clicca qui)

Giovanni XXIII: mons. Beschi (Bergamo), “ha saputo parlare all’umanità”

“La nostra gente ha sempre avuto, e continua ad avere, con Papa Giovanni un rapporto profondo, ma non superficiale”. Mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, spiega così – in un’intervista al Sir – il successo della “Peregrinatio” dell’urna con le spoglie mortali di San Giovanni XXIII verso la terra bergamasca, che terminerà domani con la messa presieduta a Sotto il Monte dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, prima del rientro, il 10 giugno, in Vaticano. “La familiarità con ‘il Papa buono’ deriva dalla consapevolezza di aver ricevuto tra di noi un dono che è da tutti ritenuto un patrimonio prezioso: la sua fede, la sua famiglia, i valori contadini, la sua attività di parroco hanno lasciato un segno indelebile nella vita e nei ricordi di tutti. È qui, in questi luoghi, che si ritrovano le ragioni profonde che hanno ispirato la testimonianza di Angelo Maria Roncalli”. “Quando le persone vengono qui a venerarne le spoglie mortali – spiega il presule – lo fanno per rendere omaggio ad un Papa che è stato capace di parlare all’umanità. Noi tutti lo chiamiamo ‘il Papa buono’: credo che le ragioni profonde della sua bontà vadano anzitutto ricercate nella capacità di interloquire con la persona nella sua singolarità, con la Chiesa e con ogni uomo e donna di buona volontà”. (clicca qui)


Nuovi cardinali. Mons. Barreto (Perù): “Sulla custodia del creato è in gioco il futuro dell’umanità”

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“Stavo viaggiando dal Perù a Roma, quando ho fatto scalo all’aeroporto di Barajas, a Madrid, ho acceso il telefonino e ho trovato messaggi di auguri e felicitazioni. Ho aperto qualche messaggio e ho capito che il Papa mi aveva fatto cardinale! Un notizia inaspettata e non meritata, una grande sorpresa che ho accolto come volontà del Signore”. Racconta così, mons. Pedro Barreto Jimeno la sua nomina a cardinale, comunicata domenica 20 maggio da Papa Francesco. Un nome, forse, non conosciutissimo in Italia, ma certamente in America Latina, dove si è segnalato per la sua azione pastorale coraggiosa a favore delle popolazioni più povere e indifese, soprattutto quando ha difeso le popolazioni indigene contro i progetti minerari delle multinazionali. 74 anni, nativo di Lima, gesuita, mons. Pedro Barreto è attualmente arcivescovo di Huancayo, vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana e vicepresidente della Repam, la Rete ecclesiale panamazzonica. In passato ha guidato il Dipartimento giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano (Dejusol – Celam). Molti hanno riconosciuto la sua “ispirazione” nel recente documento del Celam sulla Laudato si’ e il fenomeno dell’estrattivismo indiscriminato. In questa intervista racconta del suo profondo legame con l’Amazzonia e lo speciale rapporto con Francesco, rafforzato ora dalla nomina a cardinale.

Mons. Barreto, ci racconta come è nata la sua attenzione alla custodia del creato?
Ricordo i miei primi anni di episcopato a Huancayo, gli scontri molto duri che si crearono a causa dei progetti minerari, ma mi hanno sostenuto la grazia di Dio e il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che parlavano dell’importanza della custodia del creato, vista come parte essenziale nella vita della Chiesa. Del resto, già nel 1971 Paolo VI parlava di un inaccettabile “degrado ambientale”. Poi è arrivato Papa Francesco, che ha raccolto e rilanciato questa attenzione, è venuta l’enciclica Laudato si’. Un documento che mi ha dato forza, tranquillità, ma anche convinzione che sulla custodia del creato è in gioco il futuro dell’umanità.

Sarà il cardinale dell’ecologia integrale, è stato detto. Si riconosce in questa affermazione?
Ci sono persone buone che affermano su di me cose molto positive, riconosco che in quello che sta accadendo c’è la volontà espressa di Dio, c’è lo Spirito Santo. Ringrazio tantissimo, soprattutto le persone alle quali mi sento unito per amicizia e impegno comune. Però,

quando in passato mi hanno chiamato “arcivescovo ecologico” non mi sono proprio riconosciuto.

Vede, noi gesuiti vogliamo soprattutto il bene della Chiesa. E oggi, quando parliamo di ecologia integrale, non parliamo di me, ma della Chiesa, del suo futuro e del futuro di tutta l’umanità. Va fatto un appello alle persone di buona volontà, perché il futuro sta nelle mani di tutti noi che abitiamo in questo mondo.

E’ intanto iniziato il cammino verso il Sinodo per la Panamazzonia del 2019. Non pensa che la sua nomina sia in qualche modo collegata a questo evento ecclesiale?
Quella per la Panamazzonia è una missione molto importante e, lo ripeto, questo processo è frutto dell’azione dello Spirito Santo, ne sono profondamente convinto. Papa Francesco al n° 38 della Laudato si’ parla dell’Amazzonia come del “polmone del mondo”. Non dobbiamo dimenticare che la grande foresta fornisce il 20 per cento dell’ossigeno del pianeta alla biodiversità. La mia attenzione all’Amazzonia risale già agli anni del Collegio dei gesuiti, quando sentivo gli indigeni che parlavano della loro esperienza in lingue che non conoscevo. Per i prossimi decenni la custodia dell’Amazzonia, delle sue popolazioni e del suo ecosistema rivestirà per la Chiesa un ruolo importantissimo. In questo sono contento di condividere il mio impegno con il cardinale Hummes, presidente della Repam, che nonostante i suoi 84 anni è una persona giovane nello spirito.

Il Perù ha un secondo cardinale, che significato ha per la Chiesa della sua nazione?
In Perù molti articoli in questi giorni mettono in evidenza che ci sono due cardinali e che ciò non era mai accaduto. Credo che tutto questo sia il segno che al Papa sta a cuore tutto il Perù, anche quel 63% di territorio che fa parte dell’Amazzonia. Una realtà, questa, che nel mio Paese è spesso disconosciuta. Certo,

la Chiesa è giustamente preoccupata della grande realtà urbana, però non può dimenticarsi dei 7 milioni e mezzo di chilometri quadrati che costituiscono la Panamazzonia,

della biodiversità e del patrimonio ambientale, dei 40 milioni di abitanti, dei tre milioni di indigeni. Questi ultimi, anche se una minoranza, sono una grande ricchezza, parlano più di 150 lingue.

Lei, prima da gesuita e poi da vescovo, ha avuto modo di conoscere da molto tempo Papa Bergoglio. Ora il legame diventerà più stretto!
Sì. Devo ricordare che entrambi siamo gesuiti e abbiamo sperimentato con forza l’invito di sant’Ignazio di Loyola a “cercare la maggior gloria di Dio e il bene dei fratelli”. In ogni caso per noi gesuiti c’è un legame speciale con il Papa e la volontà di compiere il bene della Chiesa e la sua missione. Oggi questo significa collaborare alla “Chiesa in uscita”. Papa Francesco ha uno stile speciale, la gente semplice lo capisce ed entra in contatto con lui. Altri – e si badi bene che non è una critica, anzi ribadisco la mia ammirazione – usavano uno stile più razionale ed elevato. Papa Francesco ha uno stile che rende nuove le cose già dette, pensiamo alla custodia della Casa comune, ma anche agli altri documenti. Il Magistero del Papa attinge al patrimonio del Concilio Vaticano II.

Papa Francesco: ai dirigenti delle imprese petrolifere, “no a squilibri ambientali tali da causare degrado e inquinamento”

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“Le nostre società sono sempre più interconnesse. Questo intenso movimento di masse di informazioni, di persone e di cose ha bisogno di tanta energia, un bisogno superiore a ogni epoca trascorsa. Gran parte degli ambiti della nostra vita sono condizionati dall’energia, e purtroppo dobbiamo constatare come siano ancora troppi coloro che non hanno accesso all’elettricità: si parla addirittura di più di un miliardo di persone”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco, durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti al simposio per i dirigenti delle principali imprese del settore petrolifero, del gas naturale e di altre attività imprenditoriali collegate all’energia, promosso dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e dall’Università di Notre Dame – Mendoza College of Business, in Notre Dame, Indiana (Stati Uniti). “Transizione energetica e della cura della Casa Comune” è stato il tema dell’incontro. La sfida indicata dal Papa è quella di “riuscire a garantire l’enorme quantità di energia necessaria per tutti, con modalità di sfruttamento delle risorse che evitino di produrre squilibri ambientali tali da causare un processo di degrado e inquinamento, da cui l’intera umanità di oggi e di domani resterebbe gravemente ferita”. Francesco ha poi indicato la connessione tra la qualità dell’aria, il livello dei mari, la consistenza delle riserve d’acqua dolce, il clima e l’equilibrio di delicati ecosistemi, che “non possono non risentire delle modalità con cui gli esseri umani colmano la loro ‘sete’ di energia, purtroppo con pesanti diseguaglianze”. “Per saziare tale ‘sete’ non è lecito aumentare la vera sete di acqua, o la povertà o l’esclusione sociale”.

Papa Francesco: ai dirigenti delle imprese petrolifere, “non mettere in serio pericolo l’esistenza degli esseri viventi sulla Terra”

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“La necessità di avere a disposizione quantità crescenti di energia per il funzionamento delle macchine non può essere soddisfatta al prezzo di avvelenare l’aria che respiriamo. Il bisogno di occupare spazi per le attività umane non può realizzarsi in modo da mettere in serio pericolo l’esistenza della nostra e delle altre specie di esseri viventi sulla Terra”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco, durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti al simposio per i dirigenti delle principali imprese del settore petrolifero, del gas naturale e di altre attività imprenditoriali collegate all’energia, promosso dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e dall’Università di Notre Dame – Mendoza College of Business, in Notre Dame, Indiana (Stati Uniti). Il Pontefice ha riconosciuto che “la questione energetica è diventata una delle principali sfide, teoriche e pratiche, per la comunità internazionale”. “Da come verrà gestita dipenderà la qualità della vita e se i conflitti presenti in diverse aree del pianeta troveranno più facile soluzione – ha aggiunto -, oppure se essi, a causa dei profondi squilibri ambientali e della penuria di energia, troveranno nuovo combustibile per alimentarsi, bruciando stabilità sociale e vite umane”. L’invito del Papa è quello di “individuare una strategia globale di lungo termine, che offra sicurezza energetica e favorisca in tal modo la stabilità economica, protegga la salute e l’ambiente e promuova lo sviluppo umano integrale, stabilendo impegni precisi per affrontare il problema dei cambiamenti climatici”. Richiamando l’enciclica “Laudato si’”, Francesco ha sottolineato l’importanza di una “transizione energetica” che “faccia costantemente crescere l’impiego di energie ad alta efficienza e a basso tasso di inquinamento”. “Si tratta di una sfida epocale, ma anche di una grande opportunità, nella quale avere particolarmente a cuore gli sforzi per un migliore accesso all’energia dei Paesi più vulnerabili, soprattutto nelle zone rurali, e per una diversificazione delle fonti di energia, accelerando anche lo sviluppo sostenibile di energie rinnovabili”.

Papa Francesco: ai dirigenti delle imprese petrolifere, “cooperazione in campo energetico per alleviare povertà e tutelare l’ambiente”

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“Siamo consapevoli che le sfide da affrontare sono interconnesse. Infatti, se vogliamo eliminare la povertà e la fame, il miliardo e più di persone che non dispone oggi di elettricità deve poterla avere in maniera accessibile. Ma nello stesso tempo è bene che tale energia sia pulita, contenendo l’uso sistematico di combustibili fossili”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco, durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti al simposio per i dirigenti delle principali imprese del settore petrolifero, del gas naturale e di altre attività imprenditoriali collegate all’energia. Il Pontefice è consapevole che “l’auspicabile prospettiva di una ‘energia per tutti’ non può portare a una non auspicabile spirale di sempre più gravi cambiamenti climatici, mediante un temibile rialzo delle temperature nel globo, più dure condizioni ambientali e l’aumento dei livelli di povertà”. Ed esprime “preoccupazione” per “le continue esplorazioni per nuove riserve di combustibile fossile”. Quindi, l’invito a “discutere insieme” rivolto a industriali, investitori, ricercatori e utenti, riguardo alla “transizione e alla ricerca di alternative”. “La civiltà richiede energia, ma l’uso dell’energia non deve distruggere la civiltà. L’individuazione di un adeguato mix energetico è fondamentale per combattere l’inquinamento, sradicare la povertà e promuovere l’equità sociale”. Una via suggerita dal Papa, dal momento che “la cooperazione in campo energetico è destinata a incidere sull’alleviamento della povertà, sulla promozione dell’inclusione sociale e sulla tutela ambientale”. D’altra parte, invece, “uno sfruttamento ambientale che invece non consideri le questioni di lungo periodo potrebbe solo tentare di favorire una crescita economica a breve termine”. L’impatto sarà, invece, “negativo” in “un arco temporale più ampio”, incidendo “sull’equità intergenerazionale così come sul processo di sviluppo”. Quindi, l’invito a “una oculata valutazione dell’impatto ambientale delle decisioni di natura economica”, per “considerare bene i costi umani e ambientali a lungo termine, coinvolgendo il più possibile nei processi decisionali le istituzioni e le comunità locali”.

Papa Francesco: ai dirigenti delle imprese petrolifere, “problemi ambientali ed energetici richiedono risposte globali”

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“I problemi ambientali ed energetici hanno ormai un impatto e una dimensione globale. Per questo richiedono risposte globali, cercate con pazienza e dialogo e perseguite con razionalità e costanza”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco, durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti al simposio per i dirigenti delle principali imprese del settore petrolifero, del gas naturale e di altre attività imprenditoriali collegate all’energia. “Tanto le decisioni politiche quanto la responsabilità sociale delle imprese e i criteri di investimento – ha aggiunto il Pontefice – devono avere ben presente il perseguimento del bene comune a lungo termine, perché vi sia concreta solidarietà tra le generazioni, evitando opportunismi e cinismi volti a ottenere nel breve periodo piccoli risultati parziali, ma che scaricherebbero sul futuro costi altissimi e danni altrettanto rilevanti”. Papa Francesco ha sottolineato come “gli effetti del cambiamento climatico non sono distribuiti in modo uniforme”. “Sono i poveri a soffrire maggiormente delle devastazioni del riscaldamento globale. Molti di quanti possono a malapena permetterselo sono già costretti ad abbandonare le loro case e a migrare in altri luoghi, senza sapere come verranno accolti”. L’attenzione del Papa si è poi concentrata sulla domanda di una continua crescita economica, che “ha comportato gravi conseguenze ecologiche e sociali, visto che il nostro attuale sistema economico prospera sempre più sull’aumento delle estrazioni, sul consumo e sullo spreco”. Infine, l’esortazione di Francesco alla “cooperazione”, “affinché coloro che hanno dimostrato la loro attitudine all’innovazione e a migliorare la qualità della vita di molti col proprio ingegno e la propria competenza professionale, possano contribuirvi ulteriormente ponendo le proprie capacità al servizio di due grandi fragilità del mondo odierno: i poveri e l’ambiente”.

Guatemala: proseguono soccorsi a una settimana dall’eruzione. P. De Nardi (salesiano): “ci vorranno mesi per avere un quadro dei danni”

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È trascorsa una settimana dall’eruzione del Volcán de Fuego in Guatemala e si è ancora lontani da un bilancio realistico delle vittime e dei danni. La Caritas prosegue nella sua opera di assistenza e ieri le è stato assegnato dalle autorità un terreno a Escuintla, dove far sorgere un centro di accoglienza per coloro che sono rimasti senza abitazione. Ma le ricerche sono rese difficili dall’attività ancora intensa del vulcano. “Purtroppo – dice al Sir padre Giampiero De Nardi, missionario salesiano in Guatemala -, ci vorranno almeno sei mesi per un bilancio attendibile”. Il religioso parla da San Benito, regione del Petén, nel nord del Paese, a parecchia distanza dal vulcano. Ma offre comunque una lettura attenta rispetto a quanto sta accadendo: “Vedo una grande solidarietà – afferma – il Paese si è mobilitato”. Difficile, come si diceva, fare un bilancio, a partire dalle vittime: “Qualcuno può stupirsi della differenza tra i dati ufficiali (che parlano di un centinaio di morti e circa 200 dispersi) e alcune stime (c’è chi ha ipotizzato migliaia di vittime, ndr). Ma qui il sistema anagrafico è molto approssimativo. Quando sono arrivato a San Benito, la località dove vivo attualmente, mi avevano parlato di 23-25mila fedeli. L’anno dopo, quando bisognava iscriversi alle liste elettorali, sono diventati 57mila! Per questo è molto difficile stimare quante persone siano rimaste sotto la cenere”.

I danni saranno pesanti anche sotto altri punti di vista: “La zona colpita ha una densità abitativa molto forte, ed è una delle poche del Paese con un’agricoltura abbastanza sviluppata, è la zona più fertile del Guatemala e un polmone economico per questo Paese, mediamente molto povero. Ebbene, quali saranno gli effetti dell’eruzione a lungo termine? Penso ad esempio ai gas tossici che si sono sviluppati, alle polveri vulcaniche che si sono depositate per molti chilometri. Quali saranno i danni per la salute delle persone, per l’agricoltura, per il bestiame?”. L’eruzione, poi, va a rafforzare la situazione molto grave, dal punto di vista economico e sociale, in cui versa il Paese: “L’unico del Centroamerica ad essersi impoverito negli ultimi anni – spiega il salesiano – con una forbice elevatissima tra i pochi ricchi e i tantissimi poveri. Il governo è in pratica assente, basti pensare che in un territorio ad alto rischio sismico e pieno di vulcani non c’era nessun stanziamento di bilancio per le calamità, hanno fatto una legge ora in pochi giorni. E poi c’è una corruzione elevatissima, anche rispetto ad altri Paesi della regione”.

Diocesi: Bologna, il 14 giugno convegno “Ecologia quotidiana” sulla Laudato si’ con l’arcivescovo Zuppi e l’ex ministro Galletti

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Sarà dedicato all’“Ecologia quotidiana” il convegno promosso per giovedì 14 giugno, dall’Ordine degli architetti di Bologna, sull’enciclica Laudato si’. L’iniziativa, ospitata dalle 15 nella Sala Biagi del complesso del Baraccano, a Bologna, si aprirà con l’intervento di Alberto Piancastelli, vicepresidente dell’Ordine degli architetti di Bologna. Seguirà la presentazione, da parte dell’arcivescovo Matteo Maria Zuppi, della Laudato si’ di Papa Francesco. In programma poi un dialogo tra lo stesso arcivescovo Zuppi e Gianluca Galletti, già ministro dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare. “Le tematiche trattate – si legge in una nota – saranno il manifesto Cei ‘Sulla cura della casa comune’, la radice umana della crisi ecologica, i rimedi in un approccio integrale, le linee di azione future”. Poi, moderata dalla giornalista Paola Pierotti, avrà luogo la tavola rotonda su “Resilienza, smart cities, economia circolare, rivoluzione 4.0.; Nuovi diritti/doveri e stili di vita; Obiettivi e norme: cosa sta funzionando; Bologna: Paes, Pums, BlueAp, il nuovo centro meteo europeo”. Interverranno Lorenzo Frattini, presidente Legambiente Emilia-Romagna, Leopoldo Freyrie, presidente Fondazione Riuso, Gianluca Galletti, e Valentina Orioli, assessore comunale all’Urbanistica, edilizia privata, ambiente, tutela e riqualificazione della città storica di Bologna. Le conclusioni saranno affidate a mons. Zuppi, che parlerà di “Come applicare l’enciclica: il contributo di tutti al cambiamento”.


Sir: principali notizie dall’Italia e dal mondo. Russia, via al Campionato mondiale di calcio. Argentina, in parlamento la legge sull’aborto

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Mondiale di calcio: la sfida Russia-Arabia Saudita apre la Coppa Fifa. Italia assente, Brasile favorito

La sfida Russia-Arabia Saudita apre oggi, alle 17.00, il Campionato mondiale di calcio 2018, ventunesima edizione della Coppa Fifa, evento sportivo planetario che per un mese incollerà centinaia di milioni di persone alla tv e ai siti web per seguire le 32 squadre che si contendono il titolo. Tra le favorite il solito Brasile, con Germania e Spagna; quotate anche Francia e Argentina. L’assenza della nazionale italiana raffredda forse il tifo tricolore ed è avvertita come un vuoto di non poco conto in una competizione in cui l’Italia è stata spesso protagonista e vincitrice. Tra le formazioni presenti anche Inghilterra, Costa Rica, Polonia, Egitto, Nigeria, Islanda, Serbia, Colombia, Panama, Svizzera, Croazia. Tra le escluse le rappresentative di Paesi Bassi, Cile e Camerun. Undici le città che ospiteranno le partite, in 12 stadi. La finale si svolgerà il 15 luglio allo Stadio Lužniki di Mosca.

Regno Unito: i Comuni scelgono hard Brexit. L’isola fuori anche dall’unione doganale

Il governo di Theresa May ha superato la prova della Camera dei comuni dove ieri gli emendamenti tesi ad ammorbidire l’uscita dall’Unione sono stati tutti respinti. Respinto anche quello a più alto rischio di convergenza fra l’opposizione laburista e i conservatori più europeisti: quello sulla permanenza di Londra nell’unione doganale dopo l’uscita dall’Ue (325 voti contro 298). Vivace la seduta con deputati sospesi e una protesta del partito nazionalista scozzese. In totale dalla Camera bassa sono stati respinti 14 di 15 emendamenti; ad aiutare la May il partito unionista democratico nord-irlandese. No anche all’ipotesi di un futuro ingresso del Regno Unito nello spazio economico europeo, cosa che di fatto significa no alla libera circolazione delle persone. La prossima settimana la legge sarà nuovamente nella Camera dei Lord.

Argentina: in parlamento la legge sull’aborto. Paese diviso, manifestazioni davanti al Parlamento

Se passerà la legge all’esame del parlamento, anche nel Paese d’origine del Papa ci sarà il diritto d’aborto. Con i cittadini e il parlamento spaccati; dovrebbe arrivare oggi la decisione della Camera dei deputati sulla legge che introdurrebbe il diritto di interruzione volontaria della gravidanza in Argentina. L’esito del voto è ritenuto imprevedibile, migliaia di manifestanti sia contro che a favore, si sono radunati ieri per ore vicino al parlamento. Attualmente, specifica un servizio di Euronews, in Argentina l’aborto è vietato, concesso solo alle donne vittime di stupro o la cui vita è messa in pericolo dalla gravidanza. La legge al vaglio della camera introdurrebbe la possibilità di abortire legalmente entro la 14esima settimana in qualunque caso. Il presidente Mauricio Macrì, pur essendo antiabortista, ha detto che non porrà veti sulla legge.

Cile: abusi, sequestrati gli archivi ecclesiastici delle diocesi di Santiago del Cile e Rancagua

In una mossa senza precedenti, unità della polizia cilena hanno sequestrato gli archivi ecclesiastici delle diocesi di Santiago del Cile e Rancagua (a sud della capitale), su ordine della Procura locale, che indaga su casi di abuso sessuale di minorenni. Secondo fonti della sicurezza citate dai media locali e rilanciate dall’Ansa, le autorità giudiziarie intendono esaminare tutte le denunce inviate dalle rispettive diocesi alla Congregazione per la Dottrina della fede, il dicastero vaticano che si occupa di questi casi, dal 2007 ad oggi, così come le sanzioni decise dalla Chiesa in base al diritto canonico.

Ambiente: riscaldamento globale, i ghiacci dell’Antartide si riducono ancora e il mare si innalza

Nell’arco di 25 anni le piattaforme di ghiaccio dell’Antartide hanno perso 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio, con un conseguente innalzamento del livello del mare di circa 8 millimetri: è quanto emerge dal calcolo più preciso fatto finora, pubblicato su Nature e al quale hanno contribuito i ricercatori di 44 Paesi, Italia compresa, riuniti nel gruppo Imbie (Ice Sheet Mass Balance Inter-Comparison Exercise). Nello stesso numero della rivista altri quattro articoli contribuiscono a definire lo stato dell’arte delle conoscenze sullo stato di salute dei ghiacci antartici, sia tracciando possibili scenari futuri. Grazie ai dati forniti da 24 satelliti è stato possibile misurare con precisione l’aumento del tasso di fusione dei ghiacci in certe regioni.

Laudato si’: Prato, il 17 e 18 giugno convegno ecumenico e interreligioso su ecologia e spiritualità ecologica

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Dialogo ecumenico e interreligioso a partire dall’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco. L’appuntamento è per domenica 17 e lunedì 18 giugno a Villa del Palco a Prato. Ad organizzare il convegno – al quale sono attesi cattolici, ortodossi, protestanti, musulmani, buddisti e induisti provenienti da tutta Italia – sono I ricostruttori nella preghiera, il Centro studi cristiani vegetariani e la Rete interdiocesana nuovi stili di vita in collaborazione con la diocesi di Prato, la Federazione Chiese evangeliche in Italia e la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta. “La riflessione partirà dall’enciclica Laudato si’, un testo che è stato accolto con attenzione e favore anche dal mondo laico e dalle altre confessioni religiose – afferma la diocesi di Prato in un comunicato – perché il rispetto del pianeta e delle biodiversità, la preoccupazione per i cambiamenti climatici e la pericolosità di un estremo antropocentrismo moderno sono considerati patrimonio comune al di là del credo e delle differenze culturali. Alla due giorni di lavori sono attesi i contributi di ben cinque vescovi: mons. Franco Agostinelli, mons. Mario Meini, vescovo di Fiesole, mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva e presidente di Pax Christi, mons. Ambrogio Sprefico, vescovo di Frosinone e presidente della commissione Cei per il dialogo interreligioso, mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne. Con loro mons. Fabiano Longoni, direttore ufficio nazionale problemi sociali e del lavoro della Cei.
Ci saranno anche l’imama Izzedin Elzir, il rabbino Joseph Levi, il presidente dell’Unione buddista italiana Giorgio Ruspa e la monaca induista Ghiri. E poi pastori protestanti e personalità come Grazia Francescato, fra’ Roberto Lanzi di Siloe e p. Adriano Sella, promotore dei Nuovi Stili di Vita. Ad aprire i lavori, domenica 17 giugno, alle 15, sarà p. Guidalberto Bormolini dei Ricostruttori nella preghiera.
In programma anche alcuni eventi paralleli al convegno, come un laboratorio per docenti su come insegnare l’ecologia profonda e visite guidate al nascente villaggio “Laudato si’” che avrà sede nell’antico borgo di Mezzana sui monti dell’Appennino vicino a Montecuccoli.

Disuguaglianze: società civile lancia la campagna “Chiudiamo la forbice!” per un mondo più giusto e solidale

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“L’iniquità è la radice dei mali sociali” scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (202), invitando a lavorare sulle cause strutturali di un sistema economico che uccide, esclude, scarta uomini, donne e bambini. Per questo, in occasione del terzo anniversario dell’uscita della Laudato si’, un’ampia alleanza di soggetti promotori, aderenti e media partners ha lanciato la campagna triennale “Chiudiamo la forbice: dalle diseguaglianze al bene comune, una sola famiglia umana”. Obiettivo, un mondo più giusto e solidale. Per i promotori la diseguaglianza segna in maniera profonda tutte le società del pianeta causando ferite profonde e generando rabbia e malcontento sociale mentre, si legge in un comunicato, la paura diventa “il facile collante per un’agenda politica che crede di affrontare i problemi approfondendo i solchi che attraversano la società e il pianeta, e creando muri che generano nuove esclusioni e conflitti”. Di qui l’imperativo di “garantire ad ogni donna e ogni uomo che vive su questo pianeta la possibilità di vivere una vita dignitosa e piena, libera dalla paura e dal bisogno, in questa generazione e nelle generazioni future, affinché le migrazioni siano una scelta libera”. Occorre interrogarsi sulle cause e “cercare nuove soluzioni per una piena universalizzazione dei diritti, a partire dai ceti sociali più vulnerabili”. Tre, in particolare, gli ambiti sui quali si concentra la campagna: produzione e consumo del cibo, pace e conflitti, mobilità umana nel quadro delle nuove sfide sociali e climatiche, tra loro connesse, come indica Laudato si’. Strumenti principali per azioni diffuse sui territori sono il sito web, un documento base, tre concorsi nazionali, materiali per approfondimenti, l’apporto (social e non solo) di tutti. La campagna è promossa da Azione Cattolica, Caritas italiana, Cts, Fondazione campagna amica, Comunità Papa Giovanni XXIII, Earth Day Italia, Focsiv, Missio, Mcl e Pax Christi Italia. Hanno già aderito alcune realtà. Media partners sono Avvenire, Sir, RadioinBlu, Tv2000.

Amianto: bomba ecologica all’ex Materit di Ferrandina (Val Basento). Martoccia (sindaco) a Tv2000, “cittadini non sono al sicuro”

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Oltre 600 sacchi pieni di amianto tossico pericoloso per la salute dei cittadini all’interno dello stabilimento ex Materit a Ferrandina, Comune della Val Basento, in Basilicata. Una fabbrica abbandonata che, tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, ha prodotto migliaia di manufatti in amianto. Le telecamere del Tg2000, il telegiornale di Tv2000, sono riuscite ad entrare per la prima volta all’interno dell’area di circa 77mila metri quadri. Un’inchiesta curata dalla giornalista Caterina Dall’Olio che ha fatto emergere la pericolosità di questi ‘big bags’, grandi sacchi pieni di amianto soprattutto allo stato friabile, il più nocivo e mortale.

“È la prima volta che qui entra una telecamera – ha detto il vicesindaco di Ferrandina, Maria Murante, entrando anch’essa per la prima volta nello stabilimento insieme alle telecamere del Tg2000 – devo dire che sono impressionanti, non li avevo mai visti. Quei sacchi dovrebbero essere sicuri”. Dalle immagini all’interno della fabbrica girate con un drone la realtà è diversa: da alcuni sacchi che sarebbero dovuti essere sigillati fuoriesce della polvere di amianto. “Alcuni pastori – ha proseguito il vicesindaco – hanno rotto le recinzioni per far pascolare le proprie pecore all’interno dell’area contaminata andando così a intaccare tutto il ciclo alimentare. Qualcuno sostiene anche che ci possano essere delle lastre di amianto sotto il terreno. Ma è un’ ipotesi su cui nessuno ha mai fatto una verifica”.
Nonostante i sigilli lo stabilimento è confinante con il fiume Basento che sfocia nel Mar Ionio. “Non mi sento assolutamente tranquillo. La comunità e le aziende circostanti oggi non sono al sicuro”, ha detto il sindaco di Ferrandina, Gennaro Martoccia, dando voce alle paure degli abitanti, molti di loro colpiti da tumore causato proprio dall’amianto. “La responsabilità della bonifica – ha aggiunto il sindaco – ce l’ha la Regione che d’accordo con il ministero deve fare la bonifica”.
La Regione Basilicata, a seguito dell’accordo con il ministero dell’Ambiente del 2013, ha a disposizione per la bonifica Materit circa 3,5 milioni di euro. La gara d’appalto è stata fatta per l’affidamento dei lavori, ma è stata subito invalidata con una sentenza dal Tar confermata dal Consiglio di Stato perché l’ azienda arrivata prima non è stata ritenuta idonea per i lavori.
“C’è stato un lungo periodo – ha sottolineato l’assessore all’ambiente della Regione Basilicata, Francesco Pietrantuono – in cui il Paese Italia sulle tematiche ambientali è stato molto leggero. Il progetto esecutivo in base alla gara riportava meno di un anno nella realizzazione degli interventi. Mi sento arrabbiato nei confronti di una burocrazia che tiene in stallo l’esecuzione di lavori che considero sicuramente una cosa non complessa”.

Amianto: Ona, 6.000 decessi nel 2017 per malattie asbesto-correlate. “Confermato il trend in aumento”

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A causa di malattie causate dall’esposizione all’amianto “solo in Italia, ogni anno, perdono la vita non meno di 6.000 persone, e tale trend è destinato ad aumentare per i prossimi anni, fino a raggiungere il picco massimo tra il 2025 e il 2030, per poi iniziare una lenta decrescita”. Le stime dell’Osservatorio nazionale sull’amianto (Ona) per il 2017, “confermano il trend in aumento, sia in ordine alle diagnosi, che, purtroppo, per i decessi”. In particolare nell’ultimo anno 1.900 nuovi casi di mesotelioma e 1.800 decessi, 3.500 decessi per tumori del polmone causati dall’amianto e 600 decessi per asbestosi. Sono alcuni dei dati contenuti nel “Libro bianco delle morti di amianto in Italia” presentato questa mattina a Roma per iniziativa dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona). Tra i numeri contenuti nel volume, anche quelli relativi all’amianto ancora da bonificare in Italia: 32 milioni di tonnellate (di cui almeno 36,5 milioni di metri quadrati di coperture) di amianto compatto e 8 milioni di tonnellate di amianto friabile. I siti industriali contaminati “con notevole presenza di materiali di amianto” sono circa 50mila mentre gli edifici (pubblici e privati) sono 1 milione. Altri dati riguardano scuole (non meno di 2.400 quelle con presenza di amianto), biblioteche ed edifici culturali (almeno 1.000), ospedali (250, ma la mappatura è ancora in corso), rete idrica (l’Ona stima 300mila chilometri di tubature) e siti di interesse nazionali (40 di cui 10 solo con amianto come Fibronit di Broni e Bari ed Eternit di Casale Monferrato). “Le Regioni e le Asl – si legge nel volume – ne hanno invece censiti soltanto 370.000” mentre “sono stati bonificati soltanto 6.869 edifici, su un totale sottostimato di 265.213, tra edifici pubblici e privati”. Secondo Ezio Bonanni, autore del “libro bianco” e presidente di Ona, “questi ritardi determinano la perdurante esposizione ambientale e lavorativa, a polveri e fibre di amianto, ancora a 26 anni dall’entrata in vigore della legge 257/92” prolungando la “strage di lavoratori e cittadini”.

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